tomasella _ l'architettura contesa - olmis

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tomasella _ l'architettura contesa

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Il percorso di costruzione del confine nord-orientale, la cui mutevolezza ha caratterizzato tutto il corso del Novecento, può essere riletto anche a partire dalle soluzioni architettoniche e urbanistiche che furono adottate nell'intera Venezia Giulia sin dal periodo interbellico fino agli anni successivi la conclusione del secondo conflitto mondiale. Queste strategie, su entrambi i lati del confine, assegnarono alle azioni di modificazione dello spazio fisico il ruolo di dispositivi atti a consolidare e trasformare, stabilizzare o radicare il senso di appartenenza nazionale: ciò avvenne per mezzo dell'insediamento di nuovi baluardi architettonici e urbani all'interno di territori etnicamente compositi e dai precari equilibri politici. Adottando tale chiave di lettura, l'insieme eteroge­neo degli interventi realizzati, spesso collocati in posizione periferica rispetto ai centri urbani maggiori, dagli anni del “Fascismo di confine” fino alla difficile fase di ridefinizione della frontiera nel periodo 1945-1954, si accrebbero della valenza simbolica e di fondamenti sui quali consapevolmente si basarono processi e strategie sia di riappropriazione etnica del territorio e rafforzamento delle identità nazionali sia di negazione delle identità “altre”. È proprio sulla base di queste osservazioni che le indagini di qualificati studiosi e ricercatrici hanno rivolto la propria attenzione non solo agli interventi riguardanti le principiali città confinarie della Venezia Giulia (Trieste, Pola, Fiume e Sušak fra queste), ma anche alle azioni meno eclatanti di trasformazione diffusa del territorio. Se gli interventi urbani si espressero come la traduzione in chiave architettonica e urbanistica di idee-manifesto della modernità, le azioni rappresentarono occasioni fertili per sperimentare percorsi improntati alla ricerca di inedite soluzioni regionaliste.
Le approfondite e rigorose analisi di ricerca hanno condotto all'individuazione di alcuni itinerari tematici in quella che fu la Venezia Giulia:
- i siti della memoria e della monumentalizzazione degli eventi bellici (sacrari, monumenti ai caduti, opere memoriali);
- i luoghi del lavoro e dell'abitare (città di fondazione, trasformazioni urbane successive alla seconda guerra mondiale);
- le sedi delle istituzioni, della socialità e del tempo libero (edifici destinati a ospitare servizi sociali e assistenziali, istituzioni o complessi sportivi).
L’impatto che la costruzione di questi centri, edifici e spazi ha avuto sulle storie delle comunità locali può essere pienamente colto solo se all'attenzione rivolta ai singoli episodi architettonici e urbanistici viene affiancato un ulteriore livello di riflessione, volto a ricostruire gli intendimenti che ne alimentarono la realizzazione. Immaginari che talvolta hanno reinterpretato conflitti, vittorie ed eventi bellici quali espressione di una superiorità nazionale celebrata ricorrendo alla retorica della memoria la quale, soprattutto durante il Ventennio fascista, si tradusse anche nel disegno di nuove città e villaggi del lavoro quale strumento di modernizzazione o progresso sociale e che ancora, negli anni della ricostruzione successiva il secondo conflitto mondiale, rappresentarono il necessario ritorno ad una normalità fra Italia e Jugoslavia attraverso un processo di colonizzazione residenziale delle aree limitrofe ad un confine ancora in via di definizione. Questo articolato percorso di ricerca tenta quindi di ricomporre il composito mosaico di fatti urbani attraverso l'analisi approfondita degli eventi, nel tentativo di riconsegnarli in tutta la loro valenza storica rispetto ai contesti nei quali furono nel tempo inseriti.
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