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Questi "Sette racconti cattolici" si caratterizzano per la comune ostinazione a cogliere, nella compattezza storica del Cristianesimo, le lacerazioni, le dissidenze, anche le eresie intese nel significato primo di "scelta" e di pungolo della Verità. E sono specificati come "cattolici" perché tendono a sottolineare il tanto d'universale, d'ecumenico, a cui il Cristianesimo non ha mai voluto rinunciare.
Vanno così dalla calata dei Longobardi in Italia all'assestamento di potentati ecclesiastici quali il patriarcato d'Aquileia, ai turbamenti ingenerati dalla Riforma luterana e alla vittime pretese dall'Inquisizione (il Menocchio di Montereale Valcellina, per esempio), alla persistenza tra dubbi e inquietudini della fede popolare fino alla seconda guerra mondiale, avvertita dai suoi inizi fino alle sue odierne mitizzazioni. A questa compattezza tematica s'aggiunga quella offerta dal paesaggio e dal costume friulani in cui tutti i racconti, meno l'ultimo "futuribile", trovano ambientazione e consonanza. E si avrà una singolare, più volte sorprendente indicazione su queste terre dove tre delle più importanti culture d'Europa si incrociarono, magari si combatterono, ma intanto si influenzarono.