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Sulle pendici del Podvelezje sovrastava la città la bella chiesa ortodossa. Esprimeva una specie di elevazione dell'animo, di fede e di fiducia fra di noi. Non ne è rimasta neppure pietra su pietra. Non so quante moschee siano state rase al suolo. Il monumento al più grande poeta nato sotto questo cielo, il serbo Aleksa Santic che amava segretamente una bella croata e cantava la musulmana Emina, "figlia di un iman", è stato abbattuto e calpestato.

Hanno tirato fuori un pianoforte salvato dalle granate e mi ci hanno fatto sedere. Ho improvvisato alcune variazioni sul tema di "Emina", canzone di tutti i mostaresi: nella sala si fa sentire una fragile voce di donna. Canta questa voce vicina. Intorno cominciano a spuntare lacrime; "E la mia ragione di perse nella nebbia"... (è un verso della canzone scritta proprio da Santic).

Davanti a casa nostra, vicino alla finestra dove si affacciava da vecchia mia madre, c'era un albero di fico. Io ne coglievo i frutti, al mattino presto, ancora freschi e quasi acerbi, e a mezzogiorno già maturi, dolci. Li regalavo ai vicini e ai miei compagni, in un cestino di canne e giunchi che crescono lungo il fiume. Non è rimasta traccia del fico, neppure delle sue radici.
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