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Il 19 novembre 1624 il luogotenente di Udine Giovanni Barbarigo pronuncia una sentenza di condanna al bando perpetuo dai territori della Repubblica veneta, pena la vita, contro un certo Gian Daniele Magris di Malnisio, "huomo scellerato et di prava conscientia".
L'accusa è precisa: far "mercantia" di false scritture legali, "con le quali da dieci anni in qua ha posto in confusione tutti quei cantoni di là del Tagliamento". Forse Gian Daniele Magris agisce in società con la complicità di altri falsari, probabilmente qualche notaio o scrivano di notaio o di avvocato. Il Magris - che ha ricevuto una istruzione elementare, forse presso qualche ecclesiastico di Maniago, forse nella vicina Aviano - ufficialmente "non ha alcun mestier" se non quello di farsi pagare vecchi atti notarili, che risultano regolarmente falsi. E' così che egli lavora per "guadagnar un pane".
La vicenda delle pergamene che il Magris falsifica è qualcosa di più di un episodio di piccola cronaca locale.
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