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Gli altri modi sono le forme locali: altri modi di pensare, altri modi di vedere, di fare e di sapere.
Quando un potere centrale, forte e "moderno" impone i propri modelli culturali, si produce omologazione a scapito della diversità culturale? Gli antropologi non lo pensano. Pensano che le forme locali, messe sotto pressione dal contatto con una "modernità" imposta o seduttiva, abbiano la capacità di mutare pelle. I modi di prima vengono sconvolti, ma combinazioni inedite si formano; gli altri modi chiedono di essere riconosciuti sotto le nuove forme che la diversità ha saputo darsi.
Il Friuli del tardo Cinquecento e del Seicento, nei suoi due contesti culturali estremi: il mondo popolare dei borghi urbani, lo scenario ancora pastorale delle valli prealpine. Un apparato forte (l'Inquisizione ne è l'organismo di punta) ha imposto e diffuso un modello semplificato e coerente di interpretazione del male in termini di stregoneria diabolica. I modi tradizionali e locali di pensare e di agire in situazioni di sventura di adattano e si riaggiustano.
Aquilina è vecchia e ha gli occhi stanchi; che cosa vede con tanta acutezza, quando misura i panni dei malati con il palmo della mano, così da attirare folle di contadini in casa (e l'interesse dell'inquisitore)? Di che sapere può vantarsi un pastorello analfabeta, quando racconta esperienze notturne che sconvolgono il pievano e la vita del paese? E setacci e forche, aghi e scope che cosa fanno nelle "buone mani" delle "artigiane del rituale"?
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